Digitale e comunicazione, Bolzetta: «la distanza fisica non diventi anche distanza sociale»

Il digitale ha cambiato la grammatica, il Dna della comunicazione. Ne è convito Fabio Bolzetta, invitato a commentare in parallelo a padre Paolo Benanti il Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali di papa Francesco in occasione del Festival della Comunicazione promosso dalle famiglie Paoline insieme alle diocesi di Molfetta e Rieti.

Giornalista, autore di libri, conduttore di telegiornale e presidente dell’associazione WebCattolici, Bolzetta riassume velocemente i cambiamenti del settore, dai primi webmaster al progressivo emergere dei social, riconoscendo alla Chiesa una grande capacità di lettura e interpretazione di questi fenomeni. Un movimento interpretato anche dalla stessa associazione WeCa, che ogni settimana licenzia una guida in video sulle opportunità pastorali che si aprono nel panorama digitale, toccando anche gli assistenti vocali come Alexa, Siri o i sistemi di Google.

Un’attenzione a 360 gradi perché il panorama digitale, se compreso, offre grandi opportunità di annuncio e testimonianza. «Il fondatore del World Wide Web – spiega il giornalista – in occasione dei trent’anni della sua invenzione sottolineava come internet oggi sia diventata biblioteca, scuola ufficio, banca, cinema…», un grande ventaglio di opportunità a fronte del quale occorre tuttavia saper dominare i rischi: «come quello degli attacchi informatici, dei comportamenti criminali sul web, oppure la polarizzazione del confronto on-line e la disinformazione sistematica». E questo solo per restare sui comportamenti individuali, sulle relazioni sociali, ma ci sarebbero anche temi enormi come quello del cosiddetto «capitalismo della sorveglianza».

Quel che occorre sembra essere una maggiore consapevolezza, soprattutto in un tempo che, a causa della pandemia, ha amplificato l’uso delle tecnologie. Al punto che oggi si nota «un’ansia da collegamento, un’ansia da diretta on-line». Qualcosa che andrà interpretato quando la pandemia sarà scemata, per capire cosa rimane della distanza fisica in termini di distanziamento sociale. Mentre alcuni cambiamenti introdotti dal digitale da tempo si colgono nel modo in cui esso influisce sui media preesistenti. «Pensiamo al telegiornale – spiega Fabio Bolzetta – un tempo evaporava con la messa in onda, una volta visto in televisione scompariva. Oggi invece sappiamo che l’intero telegiornale i suoi servizi vengono scomposti e quindi galleggiando nell’oceano del web, attaccati a una rete di like e di condivisioni. Questo deve farci riflettere anche su come lo stesso processo di produzione, di scelta delle informazioni, potrebbe essere variato in vista di questo terzo tempo dell’informazione televisiva».

Quanto al fenomeno delle fake news, della necessità di distinguere il vero dal falso, se anche «l’organizzazione Mondiale della sanità ha dovuto organizzare e promuovere una campagna per ribadire che le proprietà dell’aglio sono importanti per la salute, ma certo non sviluppano anticorpi contro il coronavirus». Se l’obiettivo è quello di una informazione credibile è seria, c’è da riflettere sui meccanismi che le piattaforme digitali innescano per avere più visualizzazioni e più dunque anche sostegno pubblicitario economico: «dovremo studiare come tutto questo influisca sul processo di confezionamento e di produzione dell’informazione», cercando di coniugarli con la sfida proposta da papa Francesco: «quella di essere davvero ponte per una comunità che non voglia che la distanza fisica diventi anche distanza sociale».