Ricordati di salvare

Il 31 marzo di ogni anno si festeggia una giornata mondiale dal sapore informatico: è il World Backup Day, una ricorrenza nata per sensibilizzare gli utenti sull’importanza di fare copie di sicurezza dei propri dati. Si stima che ogni anno ne vengano generati quasi 2 miliardi di terabyte. Un volume enorme di file di testo, immagini e video che corrisponde non solo al lavoro, ma ai pensieri, ai sentimenti, ai ricordi di ognuno. Una memoria preziosa, ma affidata a supporti fragili, esposti ai guasti, ai furti, ai virus informatici.

Eppure siamo poco avvezzi a fare copie di backup. E si tratta di una leggerezza incredibile: ciò che dà valore ai nostri dispositivi sono i dati contenuti al loro interno. Il telefonino e il computer si possono sostituire facilmente e a buon mercato. Ma quale valore dare alle foto dei propri figli o del proprio matrimonio? E ai documenti di lavoro, ai progetti importanti? Soprattutto, cosa mai potrebbe sostituirli?
Fare copie di sicurezza è dunque fondamentale, perché fondamentale è la memoria. Lo si vede anche dalla forza di ricorrenze più canoniche, come la Giornata della Memoria e la Giornata del Ricordo: ogni anno suscitano un dibattito che va oltre la semplice celebrazione. Al di là di insopportabili revisionismi, accade perché la memoria, come l’identità, ha una natura vitale e dialettica.

È in questo senso che funziona davvero la consumata retorica delle radici. Di solito vengono assunte come l’immagine dello stare ben piantati su un terreno affidabile. In realtà – lo spiega bene il botanico Stefano Mancuso – esse sono tra le parti più dinamiche della pianta. Sono sempre in movimento, in cerca di acqua e sostanze nutritive. E anche il rapporto tra il suolo e le radici va rovesciato. Perché è il terreno ad essere solido e fecondo grazie alle radici che lo trattengono e rinnovano.

Di questo genere di memoria ha bisogno anche la Chiesa. Non per fissare e rendere immutabili le forme, ma per capire se stessa, il proprio percorso, il modo in cui evolve il suo rapporto con i luoghi che abita. In questo senso riescono utili lavori come quelli pubblicati da don Luciano Candotti, dei quali ci occupiamo in questo numero di «Froniera». Indagando sulla pietà popolare, i suoi ultimi libri non fissano immagini della fede che rischiano di passare e andare perdute, ma mettono in sicurezza il sostrato di un potenziale rinnovamento.

Un percorso parallelo, sebbene meno programmatico, si trova anche nel lavoro di un altro protagonista di queste pagine: il fotografo Massimo Renzi. I suoi scatti raccontano decenni di vita pubblica e occasioni private, cerimonie religiose ed eventi. Un lungo lavoro che il tempo sta trasportando dalla dimensione della cronaca a quello della storia. Un backup di quel che eravamo, che aiuta a capire le cose di ieri e inventare quelle di domani.

di David Fabrizi, da «Frontiera» n.8 del 5 marzo 2021

(Foto di Esa Riutta da Pixabay)

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