Parole chiave. Ecologia del cuore

La Quaresima è il tempo per riscoprire l’essenziale, una parte dell’anno che invita a staccarsi dalle abitudini e dal rumore del mondo per mettersi in ascolto di qualcosa di più profondo. Non un tempo di sacrifici, ma di rinunce feconde. Qualcosa di diverso dallo sconquasso prodotto dalla pandemia.

Proprio in questi giorni ricorre un anno dalla comparsa del virus Covid-19 nel nostro Paese. Fra non molto ricorrerà l’anniversario del primo lockdown. E a dispetto dell’ottimismo siamo ben lontani dal venire a capo di una situazione inaspettata e ancora non del tutto compresa. Nel frattempo sembra avanzare il deserto: quello della vita sociale, costretta al minimo per contenere il contagio; quello della politica, incapace di tenere il passo dei problemi; quello economico, con troppe serrande che rischiano di rimanere abbassate per sempre.

C’è però anche un altro deserto: quello in cui si ritira Gesù agli inizi del suo ministero per quaranta giorni a pregare e digiunare, tentato dal diavolo. Una scelta che sembra incomprensibile per la sua durezza e radicalità. Perché il deserto è un luogo di grande disagio e grande silenzio. Ma hanno un sapore diverso da quello che attraversa i momenti di “zona rossa”, con le città ferme e le attività interrotte. Perché quello del deserto è un silenzio che attiene allo spirito più che alle cose. Serve per distaccarsi dal frastuono che ci circonda e lasciare spazio ad altri suoni, a un’altra Parola.

Non è un esercizio facile, perché cerchiamo sempre di parlare un po’, di dire qualcosa e di interessarci del mondo. Ma non è neppure troppo difficile. Si può iniziare spegnendo il televisore, tenendo lontano il cellulare, disconnettendosi un poco dalla rete. E forse, senza essere continuamente sopraffatti dalla conta dei contagi, dalle varianti del virus, dal tira e molla parlamentare, si può riuscire a intercettare un pensiero inedito, al quale fare spazio per lasciar crescere il nuovo.

Oramai l’abbiamo capito: il mondo dopo la pandemia non sarà lo stesso. È facile intuire che il virus stia lasciando qualcosa di irreversibile nei nostri modi di lavorare, produrre, relazionarci e nel nostro rapporto con la città, gli spostamenti, l’ambiente. Per affrontare questi cambiamenti in modo maturo e consapevole occorre prima lavorare a un’ecologia del cuore, che faccia pulizia in un ambiente interiore inquinato dalle abitudini inutili, da paure sterili, da parole nocive.

È cosa nota: solo cambiando in modo positivo noi stessi, si può riuscire a migliorare anche un po’ il mondo.

di David Fabrizi, da «Frontiera» n.6 del 19 febbraio 2021

(Foto di Sofia Cristina Córdova Valladares da Pixabay)

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