Di generazione in generazione

Diciamoci la verità, cambiare non è facile. Un po’ tutti stiamo comodi nelle nostre abitudini e nelle nostre convinzioni. E anche quando siamo scontenti, la pigrizia ci convince spesso a tenere la posizione, a evitare un altro passo. Ma di solito la resistenza è vana perché il cambiamento viene da sé e dipende poco dalle intenzioni di ciascuno. Il movimento è nella storia, fa parte della vita. E anche quando crediamo di essere rimasti immobili facciamo presto o tardi la scoperta di essere cambiati senza accorgercene, perché siamo fatti di relazioni con il mondo, e il mondo che cambia non ci lascia mai indifferenti, neppure a volerlo.

Questo non vuol dire che ad ogni passo corrisponda una rivoluzione: a volte i mutamenti sono lenti e si può fingere di ignorarli. In tanti ci hanno provato con il digitale e la rete internet, ma poi se li sono ritrovati in tasca, nel televisore, nell’auto, nel tostapane. Altri hanno fatto lo stesso con i temi ambientali e il riscaldamento globale, ma il clima è cambiato lo stesso anche per loro. Altri ancora non si pongono il problema del sud del mondo, del rapporto tra paesi ricchi e paesi poveri, e pazienza se non sanno capacitarsi dei fenomeni migratori.

A volte, però, il cambiamento viene accelerato: da un inciampo, da un innesco, da qualcosa che fa da catalizzatore. È capitato con la pandemia che stiamo combattendo con qualche successo, anche se l’esito non si può ancora dare per scontato. A causa del coronavirus, processi destinati a restare carsici, per qualche tempo ancora, sono venuti alla luce facendo sentire tutta la loro urgenza: nella società e anche nella Chiesa.

Grandi temi un tempo lasciati agli specialisti o a pochi intellettuali oggi interrogano un numero crescente di persone. A tutti viene chiesto di affrontare i mutamenti in atto, di fare i conti con la realtà. Anche se in verità la cosa è più facile da dire che da fare, perché entrano in gioco spinte contrastanti, legate ai desideri e alla sensibilità di ciascuno.

Ma se di cambiamento si tratta, non sembra sbagliato leggerlo nell’ordine delle cose, nel passare delle generazioni. In fondo oggi sono i giovani la punta avanzata della coscienza ecologica e della capacità tecnica, anche se ci vuole la maturità di chi ha vissuto un po’ più a lungo per governare la complessità dell’esistenza.

E allora è forse questa la vera sfida che abbiamo tutti: abitare la nostra età e aprirci alle altre generazioni per affrontare insieme i cambiamenti nel lavoro, nella cultura, nelle relazioni, coltivando uno sguardo aperto sul futuro. A riuscirci si potrebbero azzeccare le scelte giuste per assicurare un domani sereno ai giovani, ai vecchi, al pianeta.

di David Fabrizi, da «Frontiera» n.20 del 28 maggio 2021

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(Foto di Pixource da Pixabay)