Cosa mettiamo in tavola

Che cosa mangiamo, e perché? Queste domande ce le poniamo ogni giorno e non solo per comporre il menù di pranzo e cena. Ma perché in tanti riflettono sempre più spesso anche sulla qualità di quel cibo.

Il primo dubbio è su quale “fa bene” e quale “fa male” e certamente c’è una relazione tra l’alimentazione e la salute. Ultimamente questi dibattiti sono di grande interesse, come si vede dagli articoli e dai commenti che circolano nelle reti sociali di internet. In televisione dominano gli chef. Di diete e saggi su come nutrirsi sono sempre più ricchi gli scaffali delle librerie. A volte si perde di vista il cibo e ci si concentra sui nutrienti: grassi, proteine e carboidrati. In altri casi le parole d’ordine sono “naturale” e “biologico”. Spesso ci si contenta di leggerle sulle etichette e si va alla cassa del supermercato a pagare, in altri casi si sceglie con consapevolezza. Si inizia a guardare con sospetto il cibo trasformato e pronto sugli scaffali, si riscoprono ingredienti dimenticati, o frutti e ortaggi esotici. C’è chi guarda alle alghe e alle radici. Qualcuno adotta stili di vita vegetariani o vegani. Altri si innamorano delle cucine orientali. E non è raro che dietro queste scelte ci siano anche bisogni etici e spirituali.

Sempre più spesso ci si domanda come il cibo venga prodotto. A indagare ci si mette a confronto con le filiere dell’agricoltura e dell’allevamento, si scopre la tristezza e il rischio ambientale delle produzioni intensive e industriali, ma anche il maggior peso per il portafoglio di carne e ortaggi ottenuti rispettando la terra e gli animali. La decisione di cosa mettere nel piatto, insomma, è tutt’altro che semplice. Anche perché c’è pure da ricordare che metà dell’umanità ancora muore di fame, né si può dimenticare che a produrre il cibo sono spesso i più poveri e sfruttati. E se da un lato c’è l’indigenza alimentare, dall’altra c’è lo spreco, la vergogna di tonnellate di cibo buttato via ogni giorno.

Il cibo, inoltre, ha a che fare con l’identità: quella dei prodotti tipici, di cui l’Italia è ricchissima, attraverso i quali si assaporano letteralmente i territori. Ma anche con le identità personali, come si vede quando l’alimentazione manifesta disturbi di carattere psicologico. E poi c’è la dimensione sociale, il ritrovarsi a tavola. Un tema messo in sordina dalla pandemia, che però è molto sentito ad ogni età. Anche tra i giovani, che anche per assenza di alternative non possono che ritrovarsi nei locali della movida.

Mai come con il cibo è vera la lezione di papa Francesco: tutto è connesso. E a volerne parlare c’è di sicuro… da mettere tanta carne al fuoco. Ci proviamo su queste pagine e nelle prossime uscite del giornale, come sempre guardando al territorio, ma senza perdere di vista una dimensione più generale. E ricordando che le cose da sapere, come i sapori, sono tante e, come ci hanno insegnato le mamme, bisogna almeno assaggiare.

di David Fabrizi, da «Frontiera» n.17 del 7 maggio 2021

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