Il prossimo passo: abitare il cambiamento

Il prossimo passo è fatto di prudenti riaperture. Con molti limiti – e quasi solo all’aperto – potremo tornare al ristorante, agli eventi dal vivo, a praticare sport. Il passaggio è dibattuto tra chi ritiene avvenga troppo presto e chi crede sia ancora troppo poco. Il Governo parla di un rischio ragionato, al quale ci si espone perché l’alternativa non offre di meglio. E poi si affida al buonsenso dei cittadini. Abbiamo avuto tutti un anno per valutare la situazione e scegliere. La distanza dall’inizio della pandemia consente un confronto tra come eravamo e come siamo. E misurare il cambiamento a volte dà esiti inattesi.

Dal «New York Times», ad esempio, si coglie una tendenza tra i giovani lavoratori americani. Molti si sono resi conto di essere sfiniti da mesi di attività in casa. Però non vogliono tornare in ufficio: più semplicemente desiderano riordinare la propria vita seguendo nuove priorità. Lo chiamano Yolo ed è l’acronimo di you only live once, il nostro “si vive una volta sola”. Torna l’idea di un azzardo calcolato: il virus ha insegnato che godersi la vita implica l’assunzione di qualche rischio. E allora qualcuno abbandona il posto fisso per avviare una nuova attività, trasformando una passione in un impiego, mentre le aziende vengono forzate a lasciar lavorare i dipendenti da dove e quando vogliono.

Alle spalle di questo atteggiamento si trovano le vaccinazioni e la ripresa del mercato del lavoro, ma anche un anno di risparmi forzati. Chi ha messo da parte soldi e competenze può permettersi di rimpiazzare la paura e l’ansia con la fiducia e il coraggio. Il rischio viene calcolato proprio per poterselo permettere. E non è per tutti, ovviamente. Milioni di americani, infatti, stanno ancora soffrendo per la perdita di posti di lavoro e di persone care. C’è però un segnale da cogliere, un’aspirazione che potrebbe manifestarsi a breve anche dalle nostre parti.

L’ha colta il progetto di una nuova azienda pugliese, che mira a valorizzare aree del nostro Paese disagiate, ma ricche di storia, cultura e prodotti enogastronomici. Non tanto per il turismo, ma nella prospettiva dei lavoratori da remoto, italiani e non solo. La pandemia ha dimostrato che il lavoro d’ufficio non richiede una sede particolare per essere svolto: è possibile farlo in qualsiasi parte del mondo. E l’azienda – si chiama Everywhere Tew – strizza l’occhio a quei lavoratori che abbiano voglia di spostarsi in un territorio non solo per passarci una settimana in estate, ma per viverci e lavorarci un mese o due durante l’anno. Un’esperienza ibrida, a metà tra soggiorno di lavoro, viaggio e vacanza, che approfittando del nostro stare sempre con un piede dentro e uno fuori dalla rete punta a far godere pienamente delle bellezze, del clima, della natura e della cucina.

Il modello è nuovo, diverso dal turismo di massa e dalla distinzione abituale tra lavoro e vacanza. Ma non sarebbe nelle corde di qualcuno dei nostri borghi?

di David Fabrizi, da «Frontiera» n.14 del 16 aprile 2021

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