Un punto critico: pronti a votare?

Anche questa Pasqua la vivremo confinati, ma non sarà proprio come l’anno scorso. I cieli, ad esempio, non sembrano più azzurri, né si parla di acque più limpide e piene di pesci. Anche l’aria delle città oggi non sembra poi così pulita. E se l’inquinamento è tornato vuol dire che non ci fermiamo più davvero, che abbiamo imparato a convivere con il virus.

Il segnale è positivo, ma paradossale. E in fondo ci dice che le cose non sono mai banali, che non si può semplicemente spegnere il motore per salvare il pianeta. Perché ne risente l’economia e i primi a soffrirne sono i più vulnerabili. La crisi sanitaria ha confermato in modo drammatico che tutto è connesso. E non è affatto un caso se oggi sono i governi a parlare di “transizione ecologica”. La scommessa degli enormi investimenti europei in arrivo è che si riesca a coniugare sostenibilità e sviluppo economico. Non sarà facile e di sicuro ci vorranno idee nuove.

Forse per questo sarà più facile vincerla lasciando spazio alle giovani generazioni, che da tempo ammoniscono alla responsabilità, a smettere di considerare l’ambientalismo un atteggiamento velleitario. Ne è il simbolo Greta Thunberg, che da poco ha compiuto 18 anni. «Ora posso votare davvero», ha commentato. Nel nostro Paese di recente si è tornati a discutere di estendere il voto ai sedicenni. Per quanto problematica, la proposta centra un punto. Si dirà che a sedici anni non si ha la maturità per decidere delle contese elettorali, che i giovani sono troppo influenzabili e che l’adolescenza oggi si è allungata e non di poco. Infatti trentenni immaturi non mancano, ma ci sono pure giovanissimi con una coscienza politica. Mandarli allo sbaraglio, esporli alla manipolazione dei partiti, può essere un errore. Ma anche guardarli con scetticismo e pregiudizio non aiuta.

Perché i ragazzi forse sono ingenui, ma non sciocchi. E per molti il Covid ha coinciso con la fine dell’infanzia. Che il mondo è fragile, che il nostro comportamento determina la sicurezza degli altri, che ci si salva o ci si infetta tutti insieme, i giovani l’hanno capito meglio degli adulti. E con più forza degli adulti vedono il degrado del Paese e sentono la necessità di una svolta.

Ascoltare le istanze dei ragazzi sembra allora più utile del paternalismo. Aiuterebbe a rettificare la prospettiva di una nazione che fatica ad immaginare il futuro, che ha bisogno di proposte e leggi in favore delle nuove generazioni, di immaginare il mondo che verrà.

(Foto di Ana Krach da Pixabay)

di David Fabrizi, da «Frontiera» n.12 del 2 aprile 2021

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