Una settantina di capitoletti di quattro o cinque pagine. Tanto per stare sulle cifre è questa la forma che Vaclav Smil ha dato al libro I numeri non mentono, da poco pubblicato da Einaudi. Un testo chiaro, scritto con competenza e onestà, che commenta molti dati su economia, demografia, situazione energetica e molte altre cose ancora. Con una scrittura leggera ma rigorosa, l’autore evita i tecnicismi e informando accompagna al cuore di un problema: spesso le classifiche risultano fuorvianti invece di costituire una chiara fonte di informazioni. Non perché inesatte, ma perché vengono date in pasto al pubblico senza dar loro un contesto, un punto di riferimento, una storia.
È vero che I numeri non mentono, ma non è scontato capire ciò che davvero descrivono. Così Smil insegna a esercitare la prudenza, a mettere in discussione le informazioni che ci vengono presentate, non per contestare i dati, ma per prendere coscienza che per capirci davvero qualcosa le cifre non bastano, perché l’analisi quantitativa va accompagnata a quella qualitativa. Demografia, felicità, energia, cibo, natura: tutto è connesso e facendo i conti con la complessità cadono certezze assodate e luoghi comuni, mentre emergono aspetti meno noti del mondo moderno.
I numeri non mentono, piuttosto sorprendono. Come accade con il rapporto che la Fondazione Varrone ha commissionato al Censis, da poco presentato alla città. Un documento molto ricco sul quale varrà la pena tornare più volte. Qui ne sottolineiamo un aspetto emergente: dalla pandemia possiamo uscire meglio di come siamo entrati e abbiamo le risorse giuste per farcela, sia economiche che intellettuali. Tra i reatini si avverte meno quel senso di sconfitta, di fine della storia, che serpeggia nel Paese. Una risorsa spirituale che un po’ sorprende e lascia spaesati. Anche dalle nostre parti, infatti, è aumentata la disuguaglianza. Ma ci sono anche altri meccanismi che vanno compresi: ad esempio il risparmio dei garantiti, che si è accumulato a causa del blocco economico: per come è composta la società locale non è poca cosa. E poi ci sono le opportunità che verranno dal Piano nazionale di ripresa e resilienza e quelle della ricostruzione post-sisma, che sta iniziando a mostrare qualcosa di sé.
Non solo: l’alta qualità di vita sta rendendo attraenti le aree interne: magari non si assisterà a un ritorno capace di compensare il duro spopolamento degli scorsi decenni, ma c’è un processo da cogliere e comprendere. Forse porterà a una revisione di un certo senso di marginalità, perché la pandemia ha un po’ cambiato le idee su cosa sia centrale e cosa no. E potremmo scoprire che in fondo in questi anni siamo stati più resistenti che soccombenti.
A condizione di saper integrare quello che abbiamo con quanto serve per affrontare il futuro. Quello che abbiamo è un senso di comunità da difendere e coltivare. Da abbinare, per farla breve, al verde dell’ambiente e al blu della tecnologia. Riuscirci, vorrebbe dire uscire dal gruppo e vincere in volata.
di David Fabrizi, da «Frontiera» n.19 del 21 maggio 2021
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(Foto di Gerd Altmann da Pixabay)