Come me, la maggior parte di voi avrà visto Sanremo. Se non in diretta, attraverso i commenti e le ospitate a reti unificate nei giorni successivi. Tra le canzoni andate a segno c’è quella di Tananai, che a qualche settimana dal Festival è trasmessa di continuo dalle radio e occupa la top ten delle piattaforme digitali. A rovescio di quanto accaduto all’Ariston, che ha visto il brano all’ultimo posto e il cantante bombardato da critiche feroci sui social per le troppe stonature.
Ma il gusto di questa storia non sta tanto nel capovolgimento della classifica, già visto tante altre volte. A rendere simpatico Tananai è la sua capacità di ridere di sé, la sua reazione immediata, leggera e divertita alle critiche: «Sanremo è strano eh? Io ero lì, convinto di aver fatto una figata. Torno a casa, una m…a! Stupenda sta roba!». E quando ha capito che il suo piazzamento sarebbe stato deludente ha detto: «Meglio arrivare ultimi, perché così porterò a casa un bagaglio di esperienze e schiaffi in testa che mi faranno crescere».
Bello e forte questo atteggiamento, questa capacità di non prendersi troppo sul serio e di fare dell’insuccesso una spinta al miglioramento. C’è qualcosa da imparare perché di solito, non appena qualcosa va storto, si scivola nella lamentela, ci si scoraggia, si dà la colpa agli altri, alle circostanze, alla sfortuna. E invece bisognerebbe fare come i bambini che dopo una caduta si rialzano e ci riprovano.
È la strada imboccata dagli ospiti della Comunità in Dialogo di Greccio. Nelle pagine che seguono raccontano la dolorosa sconfitta delle dipendenze e la fatica di venirne fuori, la voglia di tornare agli affetti e alla vita. A dispetto di una società che obbliga all’eccellenza, paiono dire che non è una vergogna se si cade, che l’insuccesso non è un marchio a vita, ma una parte del suo percorso. E con un po’ di coraggio e di buona volontà si può tornare a sorridere.
Il sorriso non dovrebbe mai mancare, anche nella vita della Chiesa. «Nessuno sottovaluta le sfide presenti e le difficoltà che si moltiplicano – spiega il vescovo Domenico nella lettera pastorale Talita Kum – ma non saranno certo i musi lunghi e le facce corrucciate a diffondere il Vangelo». Non vuol dire che situazioni preoccupanti come quella che si è creata tra Russia e Ucraina non vadano prese sul serio. Ma che occorre tenere leggera l’anima e saperla rivolgere verso l’alto per riuscire ad agire e migliorare.
Vale anche per il Cammino sinodale che inizia a muoversi. Provare a farlo con convinzione, ma senza ansie, sembra il modo migliore. Se si è troppo appesantiti, infatti, non si arriva lontano. E invece la distanza da percorrere è molta e potrebbe anche capitare di dover cambiare strada: la proposta è inedita e non bisogna aver paura di sbagliare. A voi è non mai capitato di scovare un’opportunità in un fallimento o in un errore?
di David Fabrizi, da «Frontiera» n.7 del 25 febbraio 2022
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Foto di Christine Sponchia da Pixabay