La contraddizione la notava il sindaco di Rieti commentando la riapertura dell’orto botanico medievale. Un’associazione di giovani lo coltiva ai piedi del Palazzo Papale e il primo cittadino si complimentava con i ragazzi per aver speso bene il proprio tempo, a differenza dei coetanei che sciamano con la bottiglia in mano.
I primi hanno creato qualcosa di bello, di cui tutti possono godere anche solo affacciandosi dall’alto. I secondi spesso compromettono il decoro pubblico, abbandonando le bottiglie dove si trovano. La semplificazione è evidente e il ricorso agli stereotipi raramente rende giustizia alla realtà. Ma lo schema può aiutare a ragionare, anche se il tema sta un po’ più in là di quello che la vista gode o non perdona.
Il Coronavirus sembra finalmente soccombere ai vaccini, al distanziamento, all’uso delle mascherine. E con le restrizioni che si allentano i luoghi della movida tornano a vivere, i locali a lavorare, i giovani a ritrovarsi. Una boccata d’ossigeno per gli operatori del settore, che esige ancora prudenza, ma dà anche la misura di una ritrovata normalità.
Ma è forse proprio questa che inquieta e chiede un esame di coscienza. Perché il modello non sembra accompagnato da alternative significative e questo dice l’indirizzo delle politiche giovanili, delle azioni educative, delle scelte di vita. Le troppe bottiglie vuote ci disturbano perché ci mettono a confronto con queste responsabilità più che per il disordine. E questo vuol dire che c’è qualcosa da raddrizzare, un’assenza da colmare, un cambiamento da comprendere.
Farsene carico non è scontato. C’è da sintonizzarsi con i ragazzi, sapendo che sono i più adatti al tempo presente, ma nello stesso tempo occorre essere guide affidabili e offrire loro un contesto nel quale potersi esprimere.
«I doveri verso i giovani, a cui passeremo il testimone della vita, sono ineludibili», ha detto Sergio Mattarella nel suo intenso discorso per la festa del 2 giugno. Il Presidente della Repubblica riconosce nei ragazzi la capacità di sostenere «sfide nuove, a cominciare da quella della sostenibilità e della transizione verso un pianeta fondato sul rispetto dell’ambiente e delle persone come unica possibilità di futuro».
La domanda aperta è se sapremo orientarli in questa direzione o resteremo in attesa che le bottiglie e la sporcizia lascino da sole le panchine.
di David Fabrizi, da «Frontiera» n.21 del 4 giugno 2021
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