La ripresa domenicale delle liturgie con il popolo è coincisa, domenica 24 maggio, con l’annuale celebrazione della Giornata mondiale delle comunicazioni sociali. Il tema scelto da Papa Francesco (“Perché tu possa raccontare e fissare nella memoria” (Es 10,2). La vita si fa storia.) ci aiuta significativamente a riflettere sull’impegnativo compito cui siamo chiamati come comunicatori in questo tempo segnato dalla prima pandemia mediatica globale nella storia dell’umanità.
Ha evidenziato il Papa nel suo Messaggio per la Giornata che “non esistono storie umane insignificanti o piccole”.
In queste settimane sulle nostre testate abbiamo cercato (e lo faremo anche in futuro) di parlare di Covid-19 non innondando i lettori con i numeri dei positivi, dei clinicamente guariti, delle quarantene o con le dichiarazioni di esperti veri o improvvisati e loro previsioni su un domani che nessuno è ancora in grado di tratteggiare: abbiamo scelto di affidarci al racconto delle storie.
Quelle dei sacerdoti che improvvisamente si sono trovati dinanzi una comunità virtuale nelle chiese e con gli oratori vuoti dovendo reinventare assieme ai catechisti e agli altri operatori modi e linguaggi della pastorale; quelle delle famiglie che pur nella preoccupazione per il diffondersi del contagio hanno riscoperto la dimensione dell’essere piccola Chiesa domestica; quelle degli insegnanti privati del fondamentale contatto quotidiano con gli studenti ed impegnati a riempire di umanità e socialità la freddezza delle lezioni online; quelle dei commercianti e dei lavoratori alle prese con le prime avvisaglie di una crisi le cui drammatiche conseguenze economiche e sociali si faranno sentire a lungo nei prossimi anni; quelle degli uomini e delle donne che hanno saputo trasformare con la propria solidarietà il tempo di chiusura forzata in occasione di apertura al prossimo; quelle di ragazzi e giovani privati di riferimenti sino ad ieri certi e costretti ad immaginare un futuro colmo di incertezza…
Leggere, però, pur attentamente queste testimonianze potrebbe lasciare indifferenti se non si è capaci di farlo con una prospettiva del tutto particolare ma fondamentale.
Per accostarsi ad esse, penetrandone nel profondo, è necessario più che mai usare “lo sguardo del Narratore” nella consapevolezza che “nessuno è una comparsa sulla scena del mondo e la storia di ognuno è aperta al possibile cambiamento”.
Questo permette di passare dalla prospettiva dell’io a quella del noi: è l’occasione per abbandonare l’autoreferenziale prospettiva del selfie puntando l’obiettivo, con una rotazione di 180 gradi, inquadrando quello che ci sta non alle spalle ma dinanzi. Raccontare l’oggi diventa così fondamentale per costruire il domani, raccogliendo insieme quegli elementi che costituiranno la base fondamentale per la nostra memoria. E nel momento in cui il Covid-19, mietendo tante vittime fra i più anziani ha rischiato di privarci di una parte importante proprio della nostra memoria, questo diventa ancora più importante e significativo.
dal Sir