Ascoltate. Contro la logica dominante

Nel suo Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni sociali Papa Francesco aggiunge un tassello alla sua riflessione sul senso, o meglio sui “sensi”, della comunicazione. Nel 2021 aveva esortato ad andare e vedere. Un invito a essere testimoni diretti del racconto, a fare leva sul corpo e sulla vista. Ora l’accento è posto sull’udito, si concentra sull’ascolto. In entrambi i casi il Papa offre un orientamento alla comunicazione perché resti umana, indaga su come la sfera digitale influenza i comunicatori, si preoccupa che l’informazione non perda profondità.

Per questo, dopo aver avvertito sui rischi di un giornalismo da scrivania — che riporta il sentito dire e soffoca la ricchezza della realtà nella monotonia del copia e incolla — Francesco invita ad Ascoltare con l’orecchio del cuore. E lo fa ribaltando un luogo comune: non è vero che oggi si ascolta poco, ma bisogna vedere chi ascolta e perché. Se si ascolta con orecchie da mercante, per alimentare una strategia di marketing, non c’è apertura verso l’altro e si fa confusione tra chi parla e chi ascolta.

Nei media interconnessi di oggi la distinzione tra fonte e destinatario è contaminata. Siamo dentro a flussi comunicativi che ci travolgono e ci superano. Siamo tutti emittenti e riceventi, ascoltiamo e ci facciamo ascoltare. E i nuovi media sono fin troppo in ascolto dei loro utenti, in costante ricerca di una fidelizzazione. Indagano e spiano, tengono traccia delle nevrosi, dei bisogni, delle predilezioni, dei gradimenti, dei desideri, delle attese. Registrano le vite di ciascuno in modo invisibile, programmato e intelligente, per ricavare dalle nostre reazioni emotive dati strategici in senso economico. Lo sperimentiamo quando parliamo di qualcosa e poco dopo ci arrivano consigli per gli acquisti perfettamente intonati. Questo ascolto occulto, nascosto, persistente promuove approcci individuali, personalizzati, che traducono ogni esperienza in merce di scambio.

Una situazione assai diversa da quella della persona che si sintonizza con le realtà della società. La mediazione degli algoritmi digitali diviene disintermediazione sociale, mina l’ascolto tra individuo e società. Ed entrano in sofferenza anche le ragioni dello spirito, messe ai margini da un sistema che riconosce soltanto prospettive utilitarie ed economiche. Se non li può strumentalizzare, il nuovo modo di ascoltare snobba i sentimenti della gente e si dimostra del tutto indifferente alle domande di senso, con il rischio che esse divengano sempre più marginali. Ma trovare ragioni di senso è indispensabile per procedere nel cammino della vita.

Per questo Papa Francesco contraddice la logica economicista dominante. Nel Messaggio il Pontefice invita fare dell’ascolto quasi un’etica antagonista, accende una luce e dà voce alle esigenze della coscienza. Ci ricorda che l’individuo può sempre trovare le sue tattiche di resistenza e farsi ascoltare, che è necessario lavorare perché i gestori dei nuovi linguaggi corrispondano maggiormente alle ragioni più profonde della comunicazione.

Come i farmaci, i media hanno una dimensione tossica e una curativa. I due aspetti non si possono separare, non possiamo sognare che i media diventino soltanto buoni. Ma come ogni farmaco devono essere usati con cautela, nelle giuste quantità e con le giuste avvertenze. Possiamo contenere la tossicità e potenziare la dimensione terapeutica. Accorciare le distanze è parte del rimedio; imparare ad ascoltare è il passo in avanti da compiere per non ridurci ad essere il prodotto di algoritmi di cui ignoriamo tutto, ma che tutto sanno di noi.

Ascoltare, per Papa Francesco, è raccogliere una sfida antropologica. Si tratta di spostare l’orizzonte dall’ascolto automatico, che serve a profilare e controllare, a un prestare orecchio che è apertura al mondo. Ciò che ascoltiamo entra nel nostro orecchio e fa vibrare il nostro timpano. C’è una incorporazione. Questo è il motivo per cui l’ascolto è l’imperativo del Primo Testamento, è l’incipit della Regola Benedettina, è l’invito di san Francesco. Se noi siamo chiusi, sordi, autoreferenziali, se impediamo al mondo di entrarci dentro facendoci uscire dall’indifferenza, anche la fede — che è sentire una realtà senza vederla — non trova spazio. Lo sperimentiamo attraverso la musica, che è un linguaggio senza concetti, assai efficace. Ma non solo: la parola che risuona tra le persone evoca l’empatia; mettersi in ascolto della natura svela quanto sia artificiosa la separazione tra l’uomo e il creato; prestare orecchio al grido del povero ci rende più sensibili alla realtà del mondo.

Per ascoltare bisogna stare fermi, zitti, concentrati. Una condizione contraddetta dall’Infosfera che pretende continuamente la nostra attenzione, che sommergendoci di notifiche non ci lascia mai liberi di pensare altro. Ci rende sordi perché ci fa sentire solo noi stessi. Chiusi nella bolla dei nostri like, perdiamo di vista quanto l’ascolto consista nell’avere coscienza dell’altro, nel lasciarlo risuonare al nostro interno e trasformare il nostro modo di vedere le cose.

Questa disponibilità a lasciarsi cambiare dall’altro è l’essenza del dialogo, che oltre all’ascolto attivo richiede la capacità di ridimensionare il proprio punto di vista, di usare autoironia, di mettersi dalla parte dell’altro. Se ne sente la mancanza nella comunicazione pubblica, ormai arresa a una logica dello schieramento che tende ad annullare l’altro e non a promuoverlo. Una tentazione da cui guardarsi anche per quanto riguarda il dialogo interreligioso e all’interno della Chiesa.

L’invito del Papa è a dotarsi di uno stile diverso da quello bloccato e autoreferenziale promosso dal metaverso. A diffidare di una comunicazione ipnotica, interessata e condizionata in senso economico e politico.

A salvaguardare la nostra libertà cercandola nell’incontro con gli altri e l’Altro. Il Verbo non è parola scritta, ma parola che ci mette in movimento. Se non sappiamo fargli spazio, se non lo sappiamo accogliere, rischiamo una narrazione orfana di elementi giganteschi. L’invito di Francesco è ad ascoltare, ma anche a farsi ascoltare in questa necessità di capire il mondo in altro modo, sapendo comprendere e far fiorire la sua ricchezza, e non in funzione di un controllo sordo alla concretezza della vita.

di Domenico Pompili da «L’Osservatore Romano»

Foto di Thomas Ulrich da Pixabay