La via dell’abitudine

Due giovani pesci nuotano sereni e spensierati. A un certo punto ne incontrano uno più anziano proveniente dalla direzione opposta che salutandoli chiede: «Com’è l’acqua oggi?». I due giovani pesci proseguono per un po’ finché, arrestandosi di colpo, uno guarda l’altro e stupito si domanda: «Acqua? Che cos’è l’acqua?». Questa storiella, resa famosa dallo scrittore americano David Foster Wallace, ha una morale facile, ma non banale: talvolta non ci si rende conto delle cose più ovvie, si dà per scontato ciò che ci sta intorno. Tanto che il contesto in cui siamo immersi e fa da sfondo all’esistenza ci è sconosciuto, come fosse invisibile. Eppure agisce silenziosamente sul modo in cui viviamo. Ci accade ad esempio con il sistema delle reti informatiche, alle quali siamo oramai perennemente connessi: ce ne accorgiamo solo quando il telefono non prende il segnale o il computer non si collega a internet.

Sembra che per avere coscienza e misura di certi aspetti di fondo occorra un inciampo, un incidente, un fatto che renda complicate le cose di ogni giorno. È quello che ci è successo con il grande intruso della pandemia. All’improvviso ci ha fatto sentire estranei in un mondo di cui ci credevamo esperti, rovesciando certezze, compromettendo solide tradizioni, rendendo impraticabile la via dell’abitudine. Lo vediamo anche alle porte del Giugno Antoniano: nell’attenzione su come verrà svolto e nel bisogno di escogitare un modo per vivere comunque quanto sarà tolto.

Approfittiamone come di un viaggio, la cui bellezza si nutre anche della scomodità, del malessere, dell’essere un po’ disorientati. Nel sentirsi fuori posto, in fondo, si trova la molla che spinge a partire e ciò che innesca il desiderio del ritorno a casa. E la difficoltà del cammino mette in allerta, costringe a fare i conti con sé stessi e la tara al bagaglio. Viaggiando scomodi è meglio stare leggeri, evitare il superfluo, confidando di trovare quel che serve di nuovo per la strada.

Così si impara a rivedere le priorità, a scrollarsi di dosso le incrostazioni dell’uso, a sciogliere i lacci della pigrizia. E a rendersi conto di come il sentirsi a proprio agio sia spesso un’illusione, perché viaggiamo scomodi sempre: con noi stessi, con gli altri, con le cose. Ma se questo rende la vita meno facile, non vuol dire che debba per forza renderla meno felice.

di David Fabrizi, da «Frontiera» n.22 dell’11 giugno 2021

«Frontiera» si può acquistare nelle edicole della città (una copia 2 euro) o ricevere in abbonamento postale. Per sottoscrivere o rinnovare l’abbonamento occorre versare 35 euro sul conto corrente postale 10 51 57 44 22 intestato a Progetto Missione Impresa Sociale scrivendo “Abbonamento Frontiera” nella causale e specificando nome, cognome, codice fiscale e indirizzo di consegna. Dopo aver svolto l’operazione all’Ufficio Postale è possibile inviare la ricevuta via Whatsapp al numero 351 871 5052 per velocizzare l’inserimento nell’elenco abbonati e ricevere la prima edizione disponibile.

Foto di jacqueline macou da Pixabay