Giovanni Floris incontra gli operatori della comunicazione: «Siate tenaci, studiate sempre e non cercate scorciatoie»

«Per non smarrirsi oggi di fronte all’alluvione informativa è importante ritrovare il filo della storia. Per non perdere l’orientamento, serve respirare la verità delle storie buone». È partito dalle parole scritte da papa Francesco in occasione della Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, il vescovo Domenico, per introdurre Giovanni Floris, ospite quest’anno dell’incontro con i giornalisti del territorio in occasione della solennità del loro patrono San Francesco di Sales.

Un incontro che quest’anno si è spostato dal Palazzo Papale di Rieti ad Amatrice, proprio per porre l’accento della stampa sui territori provati duramente dal terremoto.

«Il Papa ha parlato di memoria nel suo messaggio – ha proseguito monsignor Pompili – e proprio in questa terra ferita occorre riannodare il filo della storia perché queste zone non restino abbandonate a se stesse. Oggi, insieme a voi e a Giovanni, proveremo a ritessere le fila proprio da qui. Perchè lui è un grande raccontatore di storie, è un suo pregio comunicativo partire sempre da fatti, da persone e da racconti, per cui ho voluto che venisse di persona qui perché si rendesse conto di questa storia di cui troppo frettolosamente anche la comunicazione pubblica ha riavvolto il nastro».

Il vescovo ha voluto porre l’accento sulle storie, storie diverse e talvolta complicate, spesso dolorose, ma che comunque necessitano di essere raccontate dai cronisti, e direttamente sul posto, perchè si rendano conto personalmente della situazione. «Il mestiere del giornalista necessita della capacità di fare storie a partire da una conoscenza di prima mano, senza censurare la realtà ma sapendo raccontarla».

Giovanni Floris si dice onorato dell’invito ricevuto, accettato subito, senza pensarci un solo istante. Dopo Lucia Annunziata, Aldo Cazzullo e Andrea Monda, a lui quest’anno il compito di commentare il Messaggio del Papa ai comunicatori. E confessa di avere «una passione assoluta per papa Francesco, per l’attenzione che mette nei particolari della vita di ciascuno: un’attenzione che in quanto giornalista non può che emozionarmi».

Vuoi anche per i tempi televisivi ai quali è abituato, Floris modula il suo intervento in maniera diretta, sintetica e precisa, ma non senza offrire spunti e occasioni per imparare o perfezionare un mestiere in questi tempi tanto bistrattato, talvolta deriso, come il giornalista.

Un mestiere difficile, che necessita di «tecnica, studio, lavoro e manovalanza. E costanza, soprattutto». Una qualità, quest’ultima, sulla quale Floris si sofferma, perchè in un mondo che va veloce e tende a bruciare le tappe è quanto mai necessario ritrovare lentezza e tenacia. «Un tempo i nostri nonni si spezzavano la schiena per farci studiare, oggi lo studio è quasi considerato una perdita di tempo; viene suggerito ai ragazzi di andare subito a lavorare, per guadagnare presto. Si sottovaluta e addirittura svilisce il valore della parola, della cultura, a favore del valore del denaro».

La platea di operatori della comunicazione, inclusi i ragazzi del corso di giornalismo del liceo reatino “Elena Principessa di Napoli”, partecipa in maniera quasi dialogata all’incontro con il giornalista di La7. Si rompe il ghiaccio, ci si dà del tu, si sorride e ci si confronta sul proprio impegno quotidiano.

Ma si parla anche di società, di televisione, di politica, di gavetta. Della situazione dell’Italia. «L’assoluta poca fiducia che abbiamo nelle parole e nel potere della scuola di risolvere le cose sta condannando questo Paese al declino», dice Floris. «Ormai abbiamo spostato l’interesse da quello che si può dare in termini di competenza, a quello che si può spendere in termini di soldi: un danno infinito per la società, che si sta permeando della certezza che coi quattrini puoi risolvere ogni cosa».

«Non credere alla parola porta a un punto che il Papa nel suo Messaggio specifica bene: se tu non comprendi, semplifichi. Il riassunto tiene dentro tutti i particolari importanti o stronca con la semplificazione? Noi non riusciamo più a immaginare la realtà se non per facili capitoli contrappost: i buonisti e i cattivisti, il popolo o le cosiddette élite: una semplificazione dettata da poca voglia di approfondire».

E invece, il giornalista deve fare ben altro. Deve scavare, cercare, ricercare e poi cercare ancora. Giovanni scherza con il suo amico vescovo: «Don Domenico, come tutti i religiosi, agisce in modo opposto a noi. Il religioso annuncia la verità, il giornalista la ricerca. E se crede di averla trovata deve appurarla, non fidarsene subito. Il filo della verità è una necessità per il giornalista che racconta: cercare la ragione delle cose, vuol dire concentrarsi, analizzare, studiare, dare importanza alla parola che si sta usando».

Difficile comunicare bene, difficile farsi capire, nel mare magnum dei blog, delle fake news, delle reazioni “di pancia”. «Ormai è luogo comune che sia vero solo ciò che è immediato, emotivo, di pancia. Invece, è vero il contrario: è l’analisi profonda che ci porta a comprendere, non la reazione emotiva. Siamo invece al paradosso che è popolare ciò che è emotivo, e in un comportamento dettato dalla semplificazione, spesso il nemico diventa colui che è differente da me».

Il dibattito si accende, le domande sono molte. La situazione politica in Italia? «Abbiamo creduto nell’imprenditore che risolve le cose in fretta, Berlusconi, nel ragazzo brillante che rottama tutto, Renzi, nell’uomo forte, Salvini, nel comico visionario che salta i passaggi e ti porta direttamente alla rivoluzioni, Grillo. Tutte scorciatoie. Forse occorre smettere di credere alle scorciatoie e pensare a concentrarsi, con fatica, con attenzione al particolare, perchè con le scorciatoie stai solo perdendo tempo».

È necessario, ora più che mai, secondo Giovanni Floris, farsi da fare, migliorarsi, investire e dare fiducia a chi investe nella scuola, nella cultura. «E in tv, non cerco gionalisti di destra o di sinistra. Ci vogliono giornalisti che siano intelligenti. Un mestiere difficile in una società che li paga poco o pochissimo, una società in cui gli artisti sono considerati zero, i filosofi meno di zero».

Ma ci sono tanti modi per mettersi in rete e riannodare il filo. Impegnarsi, con umiltà e capacità di “tararsi”, cambiare registro, a seconda delle situazioni. «Per fare questo mestiere puoi avere anche mille titoli o lauree. Non valgono, non contano se non sai tararti sul tuo interlocutore, se non sai diversificare la comunicazione parlando ai Capi di Stato del G8 o a una scuola elementare».

Su tutto, la fatica, l’umiltà, la passione. «Il pezzo più difficile? Quello dell’11 settembre 2001. Ero a New York per una sostituzione, mi occupavo di economia, facevo radio, era la mia prima esperienza in tv. E mi trovavi davanti le Torri Gemelle che prendevano fuoco: fu una prova difficile».

Agli studenti, Floris infonde un’iniezione di positività. «Sforzatevi di trovare storie interessanti, curiose, che sappiano raccontare qualcosa che alimenti la curiosità e la voglia di approfondire. Abbattervi? Alla vostra età? No, non ve lo potete proprio permettere!»